La Pac 2023-2027 premia gli agricoltori che decidono di coltivare erba medica su almeno il 75% della superficie destinata ai seminativi. Infatti costoro sono esentati dal rispetto della BCAA 7 (obbligo annuale del cambio di coltura) e della BCAA 8 (obbligo di destinare il 4% della superficie ad aree improduttive).
L’erba medica nella condizionalità rafforzata
- La BCAA 7 prevede la rotazione, ovvero il cambio di coltura (inteso come cambio di genere botanico), almeno una volta all’anno a livello di parcella, eccetto nel caso di colture pluriennali, erbe e altre piante erbacee da foraggio e terreni lasciati a riposo. Di conseguenza l’erba medica, essendo una coltura pluriennale, è esentata dal rispetto della rotazione.
- Sono esentate dal rispetto della BCAA 7 e della BCAA 8 le aziende i cui seminativi sono utilizzati per più del 75% per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, costituiti da terreni lasciati a riposo, investiti a colture di leguminose o sottoposti a una combinazione di tali tipi di impieghi. Di conseguenza,un’azienda che coltiva principalmente erba medica è esentata dal rispetto della BCAA 7 e della BCAA 8.
Prendiamo come esempio un’azienda agricola con 200 ettari di terreno, di cui 151 coltivati a erba medica e 49 a mais. Tale azienda è esentata dal rispetto della BCAA 7 e della BCAA 8 dato che, con la coltura dell’erba medica, i seminativi sono utilizzati per più del 75% per la produzione di erba o altre piante erbacee o investiti a colture di leguminose. Sul 25% dei seminativi rimasti (in questo caso coltivati a mais), l’azienda agricola in questione può fare anche mono successione.
Eco-schema 5: misure specifiche per gli impollinatori
- L’erba medica è un’essenza inserita nell’elenco delle colture di interesse apistico.
- L’erba medica non può essere coltivata in purezza, ma solo come miscuglio con almeno un’altra essenza di interesse apistico.
- L’erba medica deve essere una coltura a perdere.
Coltivare erba medica ha molti pregi ambientali
La Pac sostiene l’erba medica cercando in ogni modo di incrementare la sua diffusione, perché è una coltura che fissa l’azoto atmosferico, migliora la struttura e la fertilità del terreno, azzera l’apporto di concimi azotati di sintesi e consente di ampliare la rotazione. Senza dimenticare che la coltivazione di erba medica permette di limitare l’importazione di proteine vegetali di cui l’Italia è fortemente carente, aumentando la qualità e la tracciabilità della nostra zootecnia e delle eccellenze alimentari del made in Italy.
Ruolo centrale nei foraggi disidratati
«L’erba medica rappresenta anche il 70% della produzione nazionale di foraggi disidratati, che nell’ultimo decennio ha registrato un incremento superiore al 58%»: lo ha dichiarato Fabio Del Bravo, dirigente presso la Direzione sviluppo rurale di Ismea, nel corso del convegno “Sostenibilità della filiera dei foraggi essiccati” che l’Associazione italiana foraggi essiccati (Aife) ha organizzato presso l’Azienda agricola dei Fratelli Lodi a Terre del Reno (Ferrara). «Si è passati infatti da 600 mila a 950 mila tonnellate, che pongono l’Italia al primo posto insieme alla Francia per capacità di trasformazione, con una produzione media di 2.700 ha/impianto».
«Anche sul fronte della mangimistica – ha aggiunto Del Bravo – ci sono segnali di una crescente richiesta di prodotti completi di fibra, e per questo Aife sta lavorando, in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Bologna, al cosiddetto “Schema nazionale Made Green in Italy”, una certificazione di prodotto finalizzata a programmare la produzione in base alle esigenze del mercato, caratterizzando la qualità del prodotto attraverso le competenze degli operatori e le grandi opportunità offerte dall’innovazione tecnologica».
Un reddito vicino al grano con meno costi
Nonostante tutti i vantaggi che abbiamo esposto, si segnala ancora la riluttanza di una certa fetta di agricoltori italiani a coltivare erba medica, spesso convinti di ottenere una minore valorizzazione rispetto alla coltivazione di grano o altre colture. Ma si tratta di un’idea assolutamente sbagliata, come sottolinea Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia: «Il reddito lordo dell’erba medica, in una media quinquennale e senza considerare il sostegno della Pac, arriva a 712 euro/ha/anno, mentre quello derivante dalla coltivazione del grano tenero, considerate le elevate quotazioni registrate lo scorso anno, si attesta a 742 euro/ha/anno. Dunque si tratta di una differenza minima».
L’auspicio è dunque che gli agricoltori italiani prendano in seria considerazione l’erba medica come coltura stabile nella rotazione, iniziando anche con una piccola superficie per un inserimento graduale della coltura. Senza dimenticare che occorre produrre medica di alta qualità, sfalciando precocemente, cioè all’inizio dei bottoni fiorali.